Verticali HF larga banda con e senza radiali.

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Verticali HF larga banda con e senza radiali.

 

IK8XOO.

 

Miracolose verticali per le HF con o senza piano di terra, antenne a larga banda o comunque “risonanti” su tutte le decametriche dagli ottanta ai sei metri, mirabolanti canne da pesca capaci di risolvere tutti i problemi di antenna in HF, addirittura una domanda di brevetto per una di queste… Cosa è cambiato o cosa è stato scoperto in materia di antenne e che ha dato vita in tempi relativamente recenti a quest’esplosione di simili “meraviglie”?

 

Assolutamente nulla! A cambiare è stato solo l’atteggiamento degli OM degli ultimi anni verso la  teoria che spesso viene sostituita da infondate indicazioni tecniche e progetti trovati in internet. La scoperta l’hanno compiuta alcuni produttori blasonati e qualche marchio nato per l’occasione: approfittando di quel fenomeno hanno immesso sul mercato le “meravigliose” antenne di cui sopra.

 

Tutto nasce dall’assillo degli OM per il R.O.S.: un tempo questa misura veniva correttamente utilizzata per portare a risonanza un dipolo o altro tipo di antenna, oggi invece il suo significato è stato completamente frainteso fino a diventare l’unico parametro “qualitativo” di un‘antenna.

In realtà invece non solo appare spesso poco utile come indicatore dell’efficienza ma, per assurdo, un basso valore di  R.O.S. o un valore contenuto su di una estesa porzione di spettro, è spesso indice di un’antenna con un’efficienza scarsa o molto bassa.

 

Il R.O.S. non rappresenta l’efficienza di un sistema radiante e questa non è indicata in primo luogo dal R.O.S.

In realtà il R.O.S. di un’antenna indica solo quanta energia fornita dal trasmettitore attraverso la linea, viene riflessa all’indietro verso linea e trasmettitore; il valore non dà alcuna indicazione su quanta di quell’energia non riflessa viene effettivamente irradiata e quanta ne viene inutilmente dissipata per esempio in calore.

L’esempio tipico è rappresentato da un carico fittizio: se ben realizzato, il R.O.S. è pari ad 1 o poco più, ma nulla viene irradiato.

 

 

Primo esempio: dipolo con basso R.O.S. su tutta la banda.

 

Ogni OM sa, se non altro per averlo studiato per il conseguimento della patente, che un’antenna si comporta come un circuito risonante-serie e la risonanza è tanto più “stretta” in frequenza quanto più basso è il valore della resistenza presente nel circuito.

              

Se un normale dipolo mostra un basso R.O.S. per esempio sull’intera assegnazione degli ottanta metri (300 kHz, circa l’8% a quelle frequenze) è segno che nella sua realizzazione, installazione o nella linea, se questa è compresa nella misura, è presente una resistenza di perdita tale da attenuare l’energia che viene riflessa allontanandosi dalla frequenza di risonanza “nascondendola” parzialmente al misuratore di onde stazionarie che in quel modo mostra valori più bassi rispetto a quelli reali.

 

Quell’andamento del valore del R.O.S., apparentemente ottimale e spesso decantato, è invece tutt’altro che positivo in quanto indice della presenza nel sistema di una considerevole resistenza di perdita capace di attenuare i segnali in ricezione e dissipare parte della potenza in trasmissione.

 

 

Secondo esempio: verticale ad un quarto d’onda su piano di terra.

 

La ricerca del valore di R.O.S. più basso possibile può portare addirittura a ridurre invece che incrementare l’efficienza di un’antenna: è quello che accade a molti OM con le verticali ad un quarto d’onda su piano di terra.

 

Nella realizzazione di una simile antenna, la quasi totalità degli OM aggiunge radiali al piano di terra fino ad ottenere un R.O.S. pari ad 1 o molto prossimo ad esso. Raggiunto quell’obiettivo si ritiene soddisfatto, convinto così che tutta l’energia fornita dal trasmettitore, attraverso la linea, venga irradiata: anche qui niente di più sbagliato!

 

La teoria e le simulazioni insegnano che un radiatore verticale lungo un quarto d’onda, posto su di un piano di terra efficiente, mostra un’impedenza di circa 36 ohm: alimentandolo con una linea ed un trasmettitore con un’impedenza di 52 ohm si rileverebbe quindi un R.O.S. pari ad 1,44; cioè appena il 3% della potenza viene riflesso e molto spesso può anche essere recuperato quasi interamente.

 

Se invece l’OM dispone radiali con lo scopo di raggiungere un R.O.S. pari ad uno e quindi un’impedenza al connettore dell’antenna pari a 52 ohm, si ritroverà con una resistenza di perdita pari a 16 ohm in serie ai 36 ohm dell’antenna. Saranno cioè le perdite a fargli raggiungere il suo obiettivo che, anche in questo caso, non corrisponde alla massima efficienza.

 

Quel 3% di potenza riflessa sarà anche scomparso con un R.O.S. pari ad 1, ma l’efficienza dell’antenna è notevolmente peggiorata perché la potenza disponibile ora si dividerà secondo i rapporti delle due impedenze: i 36 ohm della “resistenza di radiazione” ed i 16 ohm della “resistenza di perdita” nella quale andrà perso così il 28% della potenza. Meglio quindi, ancora una volta, non inseguire indiscriminatamente il R.O.S. più basso.

 

 

Terzo esempio: “canne da pesca” con trasformatore alla base.

 

L’idea di sostenere una filare verticale lungo una canna da pesca aveva reso semplice, specialmente in portatile, la possibilità di innalzare un radiatore, magari a mezz’onda (es. 10 metri circa sui 14 MHz): grazie all’alta impedenza di una simile antenna, veniva a ridursi così anche la necessità di un buon piano di terra e con esso le tante complicazioni legate alla sua installazione e le perdite che inevitabilmente comportava.

 

Per contro diventava necessario realizzare un trasformatore che, alla base della verticale, adattasse l’alta impedenza del radiatore a quella molto più bassa di linea e trasmettitore.

Su questo punto ciascuno ha incominciato a regolarsi a modo proprio ma purtroppo, ancora una volta, basandosi sul R.O.S. e senza curarsi d’altro.

 

Quasi tutti scelgono un toroide considerando erroneamente solo l’intervallo di frequenza indicato nelle specifiche; poi per realizzare il primario adottano un numero di spire tale da ottenere alla fine il basso R.O.S. tanto agognato. Con questo stesso criterio viene scelto il rapporto di trasformazione e la lunghezza esatta del radiatore.

Questa procedura è completamente errata perché non considera la reattanza degli avvolgimenti e la permeabilità magnetica del toroide nella sua scelta e nel progetto.

 

Nessuno o quasi che verifichi, almeno sperimentalmente, l’efficacia e la reale efficienza del proprio trasformatore cioè, al di là della potenza riflessa indicata dal misuratore del R.O.S., quanta potenza il trasformatore restituisca ai capi del secondario, quanta ne venga trasferita al radiatore e quanta ne finisca infine nella resistenza di perdita di quest’ultimo.

 

Con una siffatta “antenna” qualcuno notò che anche sulle altre bande il R.O.S. non era poi così alto ed intervenendo ancora su trasformatore e lunghezza del radiatore, sempre basandosi solo e soltanto sul R.O.S., la “canna da pesca” per loro divenne forse la prima verticale a larga banda e senza radiali. Ma della potenza iniziale quanta ne veniva irradiata?

 

Gli “interventi” apportati sperimentalmente sul trasformatore per contenere il R.O.S. su quante più bande fosse possibile, in realtà tendevano solo a peggiorarne l’efficienza aumentandone anche qui le perdite; perché è proprio grazie a queste perdite introdotte dal trasformatore che il misuratore di R.O.S. non “vede” l’energia riflessa dal radiatore o ne segnala solo una parte.

 

Quindi, in questo esempio, generalizzando, a R.O.S. minore corrisponde minore potenza effettivamente irradiata: esattamente l’opposto di quanto si pensi! Ciò perché maggiori saranno le perdite introdotte dal trasformatore: è noto infatti che un trasformatore non risolve l’accordo di un radiatore verticale di lunghezza fissa al variare della frequenza e né tanto meno elimina le perdite introdotte da un piano di terra praticamente assente.

 

Ancora una volta si comprenda come la misura del solo R.O.S. non rappresenta l’efficienza dell’antenna e che, come si è visto, la sua ottimizzazione può addirittura portare a risultati finali peggiori  se non si considera altro.

In questo specifico caso alle perdite del piano di terra si aggiungono quelle apportate dal trasformatore, per giunta massimizzate alla ricerca dal migliore R.O.S..

Elevata sarà anche l’energia riflessa dal radiatore ma non verrà rilevata completamente perché attenuata dalle stesse perdite del trasformatore.

 

In queste condizioni un accordatore non potrà compiere il proprio lavoro perché l’energia riflessa dal radiatore, prima di raggiungerlo, sarà attenuata dal trasformatore e verrà quindi recuperata solo in parte e questa frazione tornerà all’”antenna” riattraversando il trasformatore e subendo la stessa serie di attenuazioni già viste per l’energia incidente !!!

 

Nel progettare un’antenna si può anche scegliere di sacrificare una parte delle caratteristiche per esaltarne altre (ad es. ampia larghezza di banda) ma sprecare potenza in resistenza di perdita, calore o circuiti magnetici realizzati a casaccio non può costituire un sistema valido per raggiungere un compromesso interessante.

 

Di questo scenario ne hanno approfittato alcuni blasonati produttori di antenne, oltre ad un paio di fabbricanti nati con l’occasione, per immettere sul mercato verticali senza radiali che tranquillizzano l’OM alla ricerca solo di un basso R.O.S.  garantendogli valori contenuti sull’intero spettro delle HF.

Non specificano però che arrivano a dissipare fino a quasi il 90% della potenza del suo tx !!!

 

 

 

Paolo IK8XOO

www.qsl.net/ik8xoo/Verticali_HF_larga_banda.pdf          [Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.]

 

 
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